sabato 2 febbraio 2013

"e... arriva l'aurora" (26)


26)
    Durante la conversazione tornò Attilio con panini e bevande che, subito, con buon appetito divorarono, continuando a parlare della casa. Dopo il pranzo sorbirono il caffè che il premuroso autista si era fatto preparare in un thermos. Terminato il caffè Giada si rivolse al padrone di casa:
    " Ora Geo lasciami lavorare." E così dicendo prese una valigetta che aveva deposto nel salone. L'aprì, estrasse un misuratore elettronico a distanza - il telemetro - una macchina fotografica digitale, un blocco ed una penna. Prese un grosso elastico per capelli e se li puntò a mo' di coda ed iniziò a misurare partendo dal salone. Geo la seguiva e la osservava ammirato: aveva assunto l'aria professionale e nulla la distraeva. Misurava, fotografava, prendeva appunti, cercava i muri maestri e le canne fumarie. Il cellulare di Geo suonava in continuazione ed allora lui, per non disturbare la concentrazione della donna, o usciva in giardino o si recava nella stanza vicina. Verso le diciotto le disse:
    " Giada, sono quasi quattro ore che lavori senza fermarti un attimo. Ricordati che hai tutto domani e parte della domenica. Ora andiamo in albergo, ci ripuliamo e poi ti porto in un localino che ti piacerà tantissimo."
    Giada guardò l'orologio stupita:
    " Già le sei? Il tempo é volato." Raccolse tutte le sue cose e le ripose nella valigetta; si tolse l'elastico dai capelli e, dopo aver chiuso la casa, salirono in auto e si diressero verso Assisi.
    Arrivati all'albergo, dove Geo aveva prenotato le camere, lui le chiese:
    " Ti va bene per le venti? Il ristorante é qui ad Assisi e ci andiamo a piedi."
    " Benissimo, alle venti qui nella hall."
    Salita in camera la prima cosa che lei fece fu quella di riempire la vasca d’acqua tiepida con sali profumati e d'immergersi per un buon quarto d'ora. Si lavò anche i capelli che essendo ricci naturali lasciò asciugare da soli. Nella valigia si era portata un abito di lino turchese, un paio di pantaloni di seta blu con una camicia dello stesso tessuto in azzurro. Optò per l'abito corto che metteva bene in mostra le gambe lunghe ed affusolate. Si spazzolò con forza i capelli, che nel frattempo si erano asciugati, un leggero velo d’ombretto sulle palpebre, scarpe tipo Chanel blu ed alle venti in punto uscì dalla stanza.
    All'uscita dell'ascensore, Geo sorridente le venne incontro:
    " Mi sembri uscita dalle pagine di Vogue." Le disse.
    " Hai detto proprio bene: uscita ma definitivamente!" gli rispose sorridendo.
    Uscirono ed incominciarono a camminare per le vie di Assisi. Il sole stava per tramontare in un cielo cobalto ed una leggera brezza aveva mitigato il caldo afoso della giornata. In giro vi erano ancora parecchi turisti che con il loro vociare turbavano la calma e la misticità del luogo.
    " Sai Geo" disse Giada "ho avuto la fortuna di visitare qualche volta Assisi durante la settimana nei mesi primaverili e me la sono proprio goduta. Camminare in queste piccole vie, fra costruzioni antiche, con pochissima gente, mi sembrava di vivere nel medioevo e non mi sarei stupita se all'improvviso mi si fosse parato innanzi un cavaliere   
in armatura."
    " Noto che anche tu non ami la folla." Considerò Geo.
    " Non é questione di folla ma di luogo. Ho vissuto un anno in Brasile e la folla era il fattore principe ma là andava bene così, là non dava noia ma in posti come Assisi o come in tante nostre città e paesini ci si dovrebbe comportare in modo più adeguato. Qui la storia sprizza da ogni pietra e la dobbiamo rispettare, abbiamo la fortuna di avere una storia importante e maestra alle spalle, non la sappiamo valorizzare ed, addirittura, alcune volte la volgiamo dimenticare.                                                                                                                                                                                                                
    " Eh brava Giada! Vedo che quando l'argomento ti appassiona, t'infervori ed io la penso esattamente come te. Sono spesso all'estero, ho viaggiato parecchio, ho visto cose degne ed interessanti ma nulla equivale alla nostra Italia che é unica."
    Camminando Geo aveva notato che Giada non passava certamente inosservata ma, dal suo modo di comportarsi, lei non se ne rendeva neppure conto.
    Sempre parlando si trovarono davanti al ristorante, il vano della porta ad arco era tutto in pietra ed, oltrepassata la soglia, una scala, pure in lastre di pietra, conduceva al piano di sotto. Giada si guardò intorno ammirata: il locale completamente a volte era tutto in pietra come pure la pavimentazione risalente all'epoca medioevale. Aveva luci nascoste che illuminavano senza ferire gli occhi. I tavolini, su ognuno dei quali era appoggiata una candela accesa, erano apparecchiati con tovaglie di fiandra color avorio e l'insieme del tutto era notevole.
    " Vedo dall'espressione del tuo viso" le disse Geo prendendola sottobraccio "che il posto ti piace e sentirai come si mangia!"
Un uomo, evidentemente il proprietario, sorridente, con un grembiule bianco, venne loro incontro e con gran foga:
    " Professore che piacere rivederla! Sono sempre onoratissimo della sua presenza. Le ho riservato il tavolo migliore." E così dicendo fece un inchino a Giada e li precedette.
    I presenti guardarono la coppia appena entrata perché il benvenuto del proprietario non era certamente serbato a tutti e qualcuno riconobbe il professor Gandolfi che molte volte era apparso sui giornali od in televisione senza parlare di quel po', po' di ragazza che lo accompagnava: una splendida rossa.
    Quando si furono accomodati Giada guardando Geo:
    " Evidentemente io sono molto ignorante perché solo ora mi rendo conto che tu devi essere una persona importante ed io non ti avevo mai sentito nominare."
    " Ma figurati! Sono solo un buon cliente."
    " Non credo che tutta quella deferenza il proprietario la riservi a tutti i suoi buoni clienti. Ti guardava come se avesse visto il Messia."
    " Devi sapere Giada che per il lavoro che faccio, forse, posso essere più conosciuto di un altro ma niente più."
    Di colpo nella mente di Giada si risvegliò qualcosa:
    " Geo, non molto tempo fa, ho letto sul giornale un articolo sulla legge Gandolfi relativa, mi sembra, ad un programma finanziario rivoluzionario. Non sarai per caso tu quel Gandolfi?"
    Geo scoppiò a ridere di gusto:
    " Ebbene sì, lo confesso! Quel Gandolfi sono io."
    " Ma guarda un po'!" esclamò Giada " Chi l'avrebbe mai detto che dovevo riattare la casa del promotore della legge Gandolfi." E disse queste parole con un tal sussiego che ancora una volta lui si mise a ridere.
    " Questo ti preoccupa? Ti da noia?"
    " Non ti offendere Geo ma questo mi lascia completamente indifferente. Ho accettato il lavoro perché mi sei riuscito simpatico e la tua posizione non ha niente a che fare con il mio incarico. Se tu ti fossi vantato d’essere importante molto probabilmente avrei rinunciato: non sopporto le persone boriose e piene di sé."
    " Inutile precisazione. Ho capito al primo impatto che tipo eri ed io ho molto rispetto delle persone insensibili al potere e, mi devi credere, ce ne sono pochissime."
    Continuamente seguiti dal ristoratore che volle servir loro la cena, scegliendo piatti speciali, Giada e Geo gustarono le specialità e non smisero un attimo di conversare. Come da molto tempo non le succedeva, lei si sentiva rilassata e le era gradevole la compagnia del professore il quale le raccontò un po' della sua vita, dove viveva e accennò anche al suo lavoro che a lei sembrò complicatissimo. Senza che Giada glielo chiedesse lui le disse che era stato sposato con una sua compagna d’università dalla quale aveva poi divorziato, dopo quasi sei anni di matrimonio, perché avevano scoperto che non avevano nulla in comune e che fortunatamente non aveva avuto figli.
    " Ti dico fortunatamente" precisò Geo "non perché non mi sarebbe piaciuto essere padre ma per i figli che avrebbero senz'altro subìto ripercussioni negative per la nostra separazione. Fortunatamente sono nato in una famiglia molto unita e questo modo di crescere in un clima sereno mi ha senz'altro permesso di affrontare la vita, in tutti i suoi sviluppi negativi, nel modo migliore. E che mi dici di te? Vivi sola?"
    " Sì, vivo sola." Rispose lei laconicamente.
    " Nessun lui nella tua vita?"
    " No!"
    " Mai stata sposata?"
    " No!"
    " Mi sembra impossibile che una creatura deliziosa come te sia sola."
    " Possibilissimo! Sola e serena."
    " Noto che non ti fa piacere parlare della tua vita privata e ti comprendo ma toglimi solo una curiosità: non credi nel matrimonio?"
    " Non nel matrimonio ma negli uomini." E mentre parlava i suoi occhi blu dicevano molto più delle parole.
    " Capisco che quelli del mio sesso ti abbiano fatto molto male e mi dispiace. Non toccherò mai più questo tasto."

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