giovedì 31 gennaio 2013

e... arriva l'aurora" (25)


25)
    Ad un certopunto a Giada, che si sentiva molto rilassata, lui chiese:
    " Io hotrentotto anni, e lei? Lo so che ad una bella donna non si chiede mai l'età malei é talmente giovane che non commetto scorrettezza."
    " Io ne hoventinove e come vede non più in fasce." Sorrise Giada.
    " Alloraio, dall'alto dei miei nove anni in più le chiedo di abolire il lei perché mipiace sempre instaurare un rapporto confidenziale con chi collabora con meanche se nel nostro caso non si può parlare di collaborazione ma di una miaassoluta dipendenza da lei."
    Giada scoppiò aridere:
    "Perfettamente d'accordo per il tu e ricordati bene quello che hai appena detto:non osare contraddirmi mai o confutare le mie tesi!"
    " Miavevano avvisato che eri un osso duro e questo é pane per i miei denti. Mipiace aver a che fare con persone decise. La cosa più grave che ci potràcapitare sarà quella di sfidarci a duello!" le rispose lui guardandola confinta serietà.
    Per l'ora dipranzo arrivarono alla meta: la campagna fra Assisi e Santa Maria degli Angeli.La splendida collina umbra movimentava il paesaggio e la pace tutt'intorno eraincredibile.
    Si fermaronodinanzi ad un grosso cancello in ferro battuto da cui partiva un vialetotalmente alberato ai due lati da grossi tigli che emanavano un profumofortissimo. In fondo al viale, con uno spiazzo davanti, apparve la casa:grande, squadrata, lineare, bianca con i portici, composta da piano terra eprimo piano e, unico capriccio, una torretta in cima.
    Molto terrenointorno ricco di alberi fra cui facevano spicco grossi salici, cedri del Libanoed un enorme magnolia.
     Giada erasorpresa perché non immaginava che fosse così grande e, per quello che potevavedere, così estesa. Geo Gandolfi le aveva parlato di una casa senzaspecificarle che tipo di casa e lei non pensava che questa si trovasse in uncontesto del genere.
    " Non dicinulla Giada? Ti piace? Che impressione ti ha fatto?" le chiese Geo concuriosità.
    " Non diconulla perché mi sembra la tenuta di San Rossore. Non immaginavo una cosa delgenere. E' magnifica."
    " E questoti può comportare dei problemi? Se la casa é su un fazzoletto di terra o su treettari, ci sono difficoltà o diversità per il tuo lavoro?" e la guardavasornione.
    " Nonprendermi in giro Geo! Solamente mi ero fatta l'idea della classica casa dicampagna e qui mi trovo davanti ad un villone con annessi e connessi."
    " Scherzavoarchitetto! Sono contento che ti piaccia. Io mi sono innamorato a prima vistaed in un battibaleno l'ho acquistata anche perché é stato un vero affare. Primadi entrare in casa mi devi dire se desideri andare a pranzo da qualche parte ose ti accontenti di qualche panino che Attilio può andare ad acquistarci."
    " A mebasta un panino." Precisò Giada " Anche perché sono curiosissima divedere, considerare, pensare."
    Geo diededisposizioni ad Attilio che ripartì con l'auto e loro due entrarono in casa.Era una giornata di luglio abbastanza calda ed afosa ma entrati, faceva quasifreddo. Le imposte erano spalancate perché Geo aveva incaricato il contadino,che avrebbe poi accudito la casa ed il resto durante le sue assenze, di apriretutto. Si trovarono in un enorme salone pavimentato con grosse piastrelle dicotto e qualche mobile qua e là. Nel locale vi erano due porte: una dava in unaspaziosa cucina ben arredata, con quattro grandi finestre ed una portafinestrache portava in giardino con, in un angolo, un grosso camino; l'altra porta,salendo tre gradini, conduceva in un altro ampio locale dove c'era un biliardo.Per terra delle orribili piastrelle di ceramica lucida verdi. Da questa stanzauna scala in legno di noce portava al piano superiore dove si trovavano cinquegrandi camere da letto e tre bagni con piastrelle e pavimenti dello stessostile della stanza del biliardo anche se di colori diversi. Alla fine delcorridoio una scala a chiocciola portava nella torretta, locale tutto a vetri, dacui lo sguardo spaziava e da dove l'eremo di San Francesco sembrava lì a duepassi.
    Giada non avevaancora aperto bocca e Geo, che la precedeva, non faceva domande. Arrivati allatorretta Giada esclamò:
    " Inquesto angolo di Paradiso farei il tuo studio e, seduto qui dentro, tiriconcilierai
 con il mondo intero."   
    " E' laprima cosa che ho pensato io quando ho visitato la casa: questo locale mi hasubito entusiasmato."
    Ridiscesero,uscirono in giardino e girarono intorno alla casa. Infine si sedettero sotto alportico anteriore dove c'erano due poltroncine di vimini ed un tavolino.
    "Esternami le tue impressioni con la massima sincerità." Parlò Geo.
    " La casa éin ottimo stato a parte delle rifiniture interne di dubbio gusto." SpiegòGiada.
    " Pessimogusto vorrai dire" intervenne Geo " le persone che vivevano qui eranoricchissime ma la loro recente ricchezza era pari alla loro ignoranza e cattivogusto."
    " I lavorida fare" proseguì Giada "sono parecchi ma non eccessivi. Ci sono darivedere anche alcune suddivisioni interne dei locali al piano superiore che misembrano enormi mentre al piano terra, a parte alcune modifiche, possonoandare. A proposito a te interessa la sala da biliardo?"
    " Io nonho mai giocato ma potrei sempre imparare: può essere motivo di svago. Perché melo chiedi?"
   " Semplicementeperché la stanza é molto grande, misura indispensabile per il biliardo ma senon t’interessa si potrebbero ricavare tre locali perché abbiamo solo unagrande cucina ed un salone: si otterrebbero quindi un salotto, un soggiorno,una camera di servizio e, trovo indispensabile, un bagno."
    " Hairagione. Elimina pure il biliardo e progetta come meglio credi."

13° Capitolo "e... arriva l'aurora" (24)


13

24)
    Erano i primi di luglio, il caldo si faceva sentire e lei non aveva fatto alcun progetto per le vacanze d’agosto e non aveva nessuna voglia di muoversi.
    Un pomeriggio Giada fu chiamata nell'ufficio di Maurini.
    " Vieni Giada che ti voglio presentare il professor Gandolfi. Professore le presento l'architetto Galiardi."
    Giada sorridendo tese la mano ad un uomo giovane ma completamente canuto e la freschezza del viso era ancor più contrastante con il colore dei capelli. Poco più alto di lei, elegante, con un sorriso accattivante: nell'insieme un uomo che si guardava volentieri.
    " Sediamoci e parliamo." Disse Maurini e quando si furono accomodati continuò rivolgendosi a Giada " Il professore, amico di un mio amico, ha acquistato una casa in Umbria, la vuole riattare ed ha chiesto la nostra collaborazione. Vuole lasciare rustica la parte esterna e rendere funzionale la parte interna senza nulla togliere allo stile attuale. Questo, Giada, é un lavoro per te ed ho detto al professore che, se tu accetti, lui sarà soddisfattissimo del risultato."
    " Ma dove, come, quando...?" chiese Giada " Siamo già a luglio, ad agosto non si lavora e se il professore ha premura..."
    " Nessuna premura architetto!" intervenne Gandolfi " Ho tutto il tempo che voglio perché é una casa che mi preparo per quando sarò vecchio e, per ora, mi servirà soltanto per andare a disintossicarmi quando sarò 'avvelenato' dal troppo lavoro. La mia famiglia é originaria di Assisi ed io, pur vivendo a Milano, ho là le mie radici."
    " L'Umbria é splendida." Rispose Giada " Ed é una terra che ha il potere di infondere tanta pace."           
    " La conosce bene?" chiese il professore.
    " Non benissimo ma quel tanto che basta per giudicarla una delle più belle regioni italiane."
    " Allora che decide? Accetta? Ne sarei felicissimo perché mi é stato riferito che lei é molto in gamba."
    " Immagino chi glielo può aver riferito" disse Giada ridendo mentre guardava Maurini " ma non creda a tutto quello che le dicono."
    " Giada, allora? Che ne pensi? So che é un lavoro che ti gratificherebbe ma la decisione é solo tua." Chiese Maurini.
    " Come si potrebbe fare?" si rivolse a loro Giada.
    " Semplicissimo." Rispose Gandolfi " Faremmo una visita di un paio di giorni per vedere la casa. Lei potrebbe scattare fotografie, prendere le misure e controllare le cose più importanti. In seguito, qui a Milano, studierebbe le soluzioni e quando il progetto fosse pronto si organizzerebbero i rifacimenti. Ho un amico in loco costruttore e ci potremmo appoggiare a lui ma anche in questo sarà solo lei a decidere. Le do carta bianca in tutto, le basta?"
    Giada era pensierosa, il lavoro l'attirava molto perché una cosa che le piaceva tantissimo era trovare soluzioni in costruzioni già esistenti dove, oltre alla fantasia, si dovevano attuare risoluzioni fondamentali e le cose difficili la pungolavano. In più niente la legava a Milano e se anche si doveva allontanare per alcuni giorni nessuno avrebbe sentito la sua mancanza. L'Umbria poi era una terra che amava.
    I due uomini la guardavano e attendevano silenziosi la sua risposta. Maurini aveva ben intuito che a Giada era successo qualcosa al ritorno dal Brasile che le aveva tolto quell'aria raggiante e quindi non voleva assolutamente influenzarla.
    Geo Gandolfi che era stato colpito da questa bella ragazza dallo sguardo intelligente, sperava che accettasse ma, da buon conoscitore di uomini, aveva compreso che si trattava di una persona con forte personalità e non condizionabile.
    Giada ruppe il silenzio e guardando il professore:
    " Si può fare. Se le cose sono veramente come lei me le ha prospettate, senza l'assillo del tempo, si può fare. Quando mi prendo un impegno lo voglio portare a termine come voglio ed intendo io. Ho molti altri lavori in corso, l'architetto Maurini lo sa e mi piace comportarmi bene con tutti."
    " Questo le fa molto onore." Le disse Gandolfi " Sono certo che noi due andremo d'accordo."
    " Lo spero." Rispose Giada.
    Presero accordi per fare una visita alla casa la settimana dopo, si salutarono ed il professore uscì. Rimasti soli, Giada chiese al capo:
    " Professore di che cosa?"        
    " Esattamente non lo so ma credo in Economia. E' un cervellone plurilaureato. Ha una mansione direttiva, di gran prestigio, presso una multinazionale ed ha una cattedra alla Bocconi. Il mio amico che me lo ha presentato ha detto che é un uomo a posto e ci si può fidare."
    " In ogni caso architetto, prima di decidere voglio vedere la casa e prendere visione di tutto."
    " Questo é sottinteso! Devi essere ben convinta che il lavoro si possa fare alla nostra maniera. Stando poi qualche giorno con Gandolfi lo potrai conoscere meglio e capire se é veramente un uomo facile ed accomodante come appare."
    " Su questo lasci fare a me: gli farò un check-up!"
    " Non avevo dubbi." Rise Maurini.
    Alla sera telefonò a Sisa e le raccontò del nuovo lavoro che le era stato offerto e l'amica fu felice perché ogni cosa che potesse distrarla era benvenuta.
    " Questo professore che tipo é?" Chiese Sisa.
    " Sembra simpatico" rispose Giada "e affidabile."
    " Fisicamente?"
    " Normale! Se anche fosse Polifemo sarebbe la stessa cosa. E' per me un cliente asessuato!"
    Sisa scoppiò a ridere:
    " Giada sei grande! Adesso anche senza sesso?"
    " Per me sì, e penso che continuerò così per un bel pezzo."
    Il venerdì seguente Giada partì per l'Umbria con Gandolfi. Si sarebbero trattenuti fino alla domenica. Alle otto lui la passò a prendere con un macchinone blu con autista e comodamente seduti partirono. L'autista era una persona di mezza età che guidava bene e dolcemente. Si fermarono ad un grill sull'autostrada ed il professore volle che anche Attilio, l'autista, prendesse un caffè con loro e questi sembrava gli fosse affezionato. Il viaggio fu piacevole perché Gandolfi era una buona compagnia: sapeva parlare e sapeva ascoltare. Le spiegò di essere laureato in Economia Finanziaria ed in Giurisprudenza, di avere una cattedra all'università e di lavorare per una società. Parlava di tutto questo con gran semplicità e modestia senza far pesare la sua alta carica presso questa società.
    Furono interrotti spessissimo dal cellulare di Gandolfi che era sempre molto conciso nelle risposte e, senza volerlo ascoltare, Giada comprese che doveva avere grandi responsabilità e molte decisioni da prendere.

venerdì 25 gennaio 2013

9° Capitolo "e... arriva l'aurora" (19)


9


19)
    Un pomeriggio della settimana successiva mentre Sisa, in ufficio, era intenta a preparare un ricorso piuttosto complicato per un cliente, l'impiegata le passò la linea sul suo numero privato:
    " E' per lei dottoressa ma non ha voluto dirmi chi é, ha detto soltanto un amico."
    Sisa alzò il ricevitore:
    " Pronto?"
    " Ciao Sisa, sono Mattia. Scusa se non mi sono presentato alla tua segretaria ma non ero certo che mi avresti risposto sapendo chi ero."
    " Dimmi." Rispose Sisa molto freddamente.
    " Posso vederti? Dovrei parlarti."
    " Per la verità in questi giorni sono presissima." Continuò lei sempre con lo stesso tono.
    " Sisa, sono qui sotto al tuo ufficio e ti sarei molto riconoscente se mi dedicassi anche pochi minuti."
    Sisa non aveva nessuna voglia di parlare con quel bel tomo e stava per rispondere picche quando pensò che, se anche lo avesse ascoltato qualche minuto, il mondo non sarebbe certamente crollato. Sisa era inquieta con se stessa per non aver saputo giudicare Mattia. Lei che si credeva tanto in gamba lo aveva valutato positivamente e non aveva per nulla capito che faceva parte di una nutrita schiera di uomini bugiardi ed opportunisti. Era forse l'occasione per dirgli quello che pensava.
    " Sali pure ma non più di cinque minuti."
    Dopo pochissimo Mattia entrava nel suo ufficio: era la brutta copia dell'uomo che aveva conosciuto in Brasile e rivisto in Italia. Pallido, smagrito, con gli occhi stralunati.
    " Non capisco che cosa tu abbia da dirmi" esordì Sisa "ed é per semplice educazione che ti ho detto di salire."
    " Forse ho sbagliato a volerti parlare" disse Mattia "perché ti sento come una nemica ma rimani la mia ultima speranza."
    Sisa non rispose e lo guardava con uno sguardo duro in attesa che lui proseguisse.
    " Saprai tutto quello che é successo" continuò Mattia "e la decisione presa da Giada."
    " Decisione più che giusta!" esclamò Sisa con enfasi.
    " Sì, giusta e me la merito per il mio comportamento cretino."
    " Più che cretino, direi da farabutto."
    " Ma Sisa, mi devi credere, io non ho mai voluto prendere in giro Giada e tantomeno farla soffrire. Stavo sistemando le cose dopo di che le avrei raccontato tutto."
    " Ma lo capisci che non hai scusanti? Hai tradito la fiducia immensa che lei aveva in te, l'hai fatta soffrire terribilmente e questo, io, non te lo perdonerò mai. Al mondo c'è una pletora di ragazze che possono essere prese in giro ma Giada, no! La sua vita non é stata certamente delle più rosee e non meritava anche questa valanga di tegole in testa."
    " Hai perfettamente ragione, Sisa. Sono dieci giorni che non so più che fare. La mia vita senza di lei é distrutta: é la prima ed unica che abbia amato."
    " Senza contare tua moglie, immagino!" gli disse ironicamente.
    " Ma allora Giada non ti ha spiegato tutta la mia vita: ho sempre voluto bene a mia moglie ma come si può voler bene ad un'amica o ad una sorella."
    " Queste sono senz'altro le storielle che ora racconti ma la verità può essere un'altra. Per voi uomini é molto facile e comodo incolpare sempre le mogli: voi siete degli angioletti!"
    " Sisa, puoi anche non credermi" proseguì Mattia con tono accorato "ma ti giuro che quello che ti ho detto é la pura verità."
    " Ed ora che vorresti tu da me?"
    " Tu sei molto amica di Giada e lei ti considera molto. Non potresti cercare di spiegarle che quello che le ho raccontato é la pura realtà e mia moglie, che sa tutto, sarebbe pronta a parlare con lei? Noi viviamo insieme ma in pratica divisi. Io sono spesso all'estero e non ho mai chiesto il divorzio perché non ne avevo motivo, ora ne avremmo entrambi: io perché amo disperatamente Giada e lei perché ha un nuovo affetto. Potresti aiutarmi?”  
     " Aiutarti vorrebbe dire incrinare o addirittura spezzare la mia amicizia con Giada. Per lei tu non sei mai esistito. In sua presenza il tuo nome non verrà mai più pronunciato. Se io solo tentassi di portare il discorso su di te mi troverei davanti ad una parete di ghiaccio. Mettiti il cuore in pace Mattia, Giada te la sei giocata per sempre. Se un domani lei dovesse cambiare idea, non sarà certamente a causa di qualcuno ma una decisione scaturita solamente dal suo cuore."
    Mattia si alzò ed a lei parve anche più piccolo a causa delle spalle incurvate. Sembrava un uomo finito ed a Sisa che poco prima era pronta a disintegrarlo, fece una gran pena e pensò che forse era sincero. Decise in ogni caso che, almeno per il momento, non avrebbe riferito a Giada di questa visita.

12° Capitolo "e... arriva l'aurora" (23)


12

23)
    L'aereo partito dalla Malpensa, atterrò aHarare, capitale dello Zimbabwe e da qui, con un’auto che era venuta aprenderlo, si diresse verso il laboratorio.
    Attraversandola città Mattia fu colpito dalla grandezza e dallo stile che poteva benissimofarla scambiare per una qualsiasi città europea. Grandi strade, edificimoderni, traffico ordinato. Era a quasi 1500 metri d’altitudine ed il climacome quello della nostra primavera avanzata. La popolazione composta sia daneri che da bianchi.
    Dopo circaquattro ore di viaggio, su strade accettabili, passando attraverso varie terree poca popolazione, fra savana e zona ricca di pascoli, arrivarono adestinazione e precisamente quasi al confine con lo Zambia, poco distante dalfiume Zambesi.
    Il laboratorio,unica costruzione della zona, era in un moderno edificio e, non lontano,s'intravedeva la foresta tropicale.
    Vennero subitoad accoglierlo undici persone sorridenti: il biologo austriaco Hans Schwartzche, dopo avergli passato le consegne sarebbe ripartito; un ricercatoreitaliano di Varese, Marco Righi, che sarebbe stato il suo direttocollaboratore; un chimico francese, François Leclaire; un biologo italiano diPadova, Alfredo Giommi e da sette africani tutti con camice bianco di cui,nelle presentazioni, Mattia non comprese i nomi. La lingua con la quale cis’intendeva era l'inglese, idioma che anche i locali parlavano benissimo, perchéla Rhodesia era stata un protettorato britannico.
    Dopo lepresentazioni che a Mattia sembrarono molto calorose, fu accompagnato nella suacamera dove rimase sbalordito: si trattava di un vero appartamento composto dasoggiorno/studio, camera da letto, bagno e non aveva nulla da invidiare aqualsiasi albergo di categoria superiore. Il posto dove aveva vissuto inAmazzonia era veramente un brutto ricordo.
    Dalla docciascendeva una gradevole acqua tiepida e, mentre s'insaponava, Mattia pensò cheforse era il posto adatto per ritrovare la pace interna.
    Alle diciannovefu servita la cena e Mattia conobbe altri africani che, evidentemente, avevanomansioni d’inservienti. Fu infine la volta del cuoco che venne a presentarsi eMattia scoprì, con molto piacere, che era un italiano di Vicenza, Amedeo Zonin:anche il cibo sarebbe stato di suo gradimento.
    Il locale dovesi mangiava era grande e luminoso ed erano apparecchiati tavolini da quattro eda sei. In un tavolo si sedettero Mattia, Schwartz, Righi e Leclaire mentrenegli altri Giommi e gli africani. Serviva a tavola un ragazzone indigeno cheindossava sopra a dei bermuda un gilet rosso. Aveva enormi occhi neri e dentibianchissimi che, continuando a sorridere, metteva in mostra.
Chiacchierando durante la cena e cercando di conoscersi, Mattia ebbel'impressione che l'austriaco non godesse la simpatia degli altri e che fra luied i suoi collaboratori non ci fosse feeling.
Dopo una notte dove dormì profondamente come non gli capitava da mesi,Mattia fu pronto a ricevere le consegne dallo Schwartz che non vedeva l'ora dipartire. Il laboratorio era attrezzatissimo e dalla foresta vicina attingevanocontinuamente materie prime per le loro ricerche. Ebbe una buona impressione ditutti gli altri che furono gentili e molto disponibili a spiegargli tuttoquello che chiedeva.
    Passati tregiorni, nei quali non si era mai allontanato dal laboratorio se non per fare unpo' di corsa e ginnastica sul terreno circostante, Mattia decise di fare laprima incursione nella foresta che si raggiungeva a piedi in trenta minuti. Lastessa mattina l'austriaco ripartì fra la freddezza generale. L'unico asalutarlo sorridente e con una calorosa stretta di mano fu Mattia.
    Nella forestalo accompagnarono Marco, Alfredo ed i sette africani che si chiamavano: Victor,Cecil, Abraham, Muthi, Natopi, Joseph, Jorge che avevano tutti conseguito lelauree chi nello Zimbabwe, chi in Inghilterra; erano ben inseriti nel gruppo ederano intelligenti ed educati.
    La flora eravaria e ricca di Baobab, Mogano, Eucalipto, Albero della Gomma, Teck e Rugeniache poteva essere alta fino a ventiquattro metri.
    Dopo due ore dicammino arrivarono in un punto dove, a mo' di palafitta, c'era una costruzionedi legno che era il loro punto base nella foresta. Qui conobbe altri duegiovani: il toscano Carlo Biondi ed il mulatto Ferdinando Montez, aiutati datre ragazzi indigeni. Stavano lavorando e subito mostrarono al nuovo direttorequello che facevano ed a che punto erano le loro ricerche. A pranzo uno degliafricani aprì una grossa cesta e distribuì il pranzo concernente in fette dipane che Amedeo aveva imbottito con formaggio caprino di produzione locale,carne e frittata, parecchie arance succosissime e saporite di cui la regioneera grande produttrice.
    Durante ilrientro alla base Marco gli disse che tutti erano contenti del suo arrivo inAfrica.
    " C'eraqualcosa che non andava in Schwartz?" gli chiese Mattia " Non misembravate molto affiatati."
    " Non erapossibile affiatarsi con quello." Intervenne il francese " Avevaforse creduto di venire all'Hilton di New York e non capiva che qui siamo inAfrica. Si lamentava in continuazione del clima, del cibo, del lavoro e sispaventava a morte se solo vedeva volare una mosca. In più, del suo lavoro, noncapiva nulla e, quando avevamo bisogno di lui, si eclissava. Era capace diandare a Harare e trattenersi una settimana. Noi non avevamo qui unresponsabile ma un irresponsabile!"
" Tutto vero, dottor Bonini." Soggiunse Marco " Se nonavesse chiesto lui di andarsene, non so con quale scusa, ci saremmo fattirichiamare noi."
    " Dovevaandare in Amazzonia" disse Mattia "e vedere in quali condizioni silavora, qui sembra di essere in vacanza!"
    Ebbe inizio cosìil soggiorno africano di Mattia e, dopo poco tempo, si era stabilito con tuttiun cordiale rapporto e le ricerche proseguivano dando i risultati di questolavoro d’équipe.
    Mattia lavoravaanche dodici ore al giorno fra il laboratorio e la foresta ed era tantoconcentrato che la sua mente non poteva pensare ad altro ma alla sera, se glicapitava di restar solo fumando od ammirando la volta celeste, il viso diGiada, il suo sorriso, il suo corpo erano vicini a lui.

"e... arriva l'aurora" (22)


22)
    Era una donnacoltissima e Giada l'avrebbe voluta sempre sentir raccontare. Delizioso era ilsuo modo di parlare l'italiano con quella musicale erre francese.
    Désirée vollepoi sapere di Giada e lei le parlò della sua vita felice sino a che i suoigenitori le erano stati vicini perché la sua era una famiglia unita doveregnava l'allegria ma che, dopo la scomparsa dei suoi, aveva avuto ben pochimomenti di felicità. Parlò di Alessandro e dello ‘scherzetto' che le avevacombinato ma non nominò Mattia.
    Scrutandola coni suoi penetranti occhi verdi, Désirée le chiese:
    " Ma ituoi occhi blu non sono così tristi per questo Alessandro perché, da come me lohai descritto, non era certamente l'uomo della tua vita. Se ti può far beneparlarmi        dell’altro, fallo marispetterò il tuo silenzio se non lo farai."
    In quel momentoGiada sentì il bisogno di aprirsi e di dire tutto a Désirée, anche i suoi piùreconditi pensieri perché dentro di lei c'era un fiume di parole e disensazioni che dovevano scorrere. Da poco più di un mese, dal giorno che lei loaveva lasciato, Giada non aveva più pronunciato il nome di Mattia e Sisa, cheera l'unica a conoscere la storia, aveva fatto altrettanto. Cominciò a parlarericordando il pomeriggio sul Concordavo fino all'ultimo incontro a casa sua.
    Avevano finitodi cenare e Désirée si era accesa una sigaretta. Mentre Giada le parlavaappassionatamente, l'espressione del suo viso esprimeva tutte le emozioni che eranoin lei, dalla gran felicità quando parlava del Brasile all'infelicità dellaconclusione finale ed alla fine del racconto grosse lacrime le scivolaronosulle guance. Désirée le prese una mano, pure lei commossa:
    " Dicono il vero i tuoi occhi! Devi averesofferto molto e soffri tuttora. Lasciati ricordare che non sei una ragazzacomune e dalla tua storia traspare una cosa che ti fa molto onore: seitremendamente inquieta nei riguardi di quest'uomo ma non nutri rancore e questaé una cosa per te buona. L'odio é un sentimento che non gratifica di certo edannulla in noi quello che c'è di buono. Capisco che hai amato profondamente econtinui ad amare questo Mattia perché le persone come te quando amano, amanoincondizionatamente, senza riserva alcuna, diventando vulnerabili. Da quelloche mi hai detto, effettivamente, questo Mattia non si é comportato bene ma, dacome me lo hai descritto, credo che le spiegazioni che ti ha dato a sua difesasiano vere. Sei una donna interessante che colpisce al primo impatto ma nellostesso tempo c'è in te qualcosa che non permette a nessuno di prendersiconfidenze. Evidentemente questo é quello che Mattia ha compreso: che non ericertamente una delle tante. Avrà iniziato con un'amicizia che in seguito édiventato amore ma più ti conosceva e più comprendeva che non eri un tipo dacompromessi."
    " Me losono detto anch'io innumerevoli volte ma non sopporto le menzogne e lui mi hamentito per un anno."
    Continuarono aparlare per parecchio e l'argomento fu sempre Mattia, finché si accorsero chesi era fatto tardi ed era ora di rincasare. Giada accompagnò a casa Désirée,che aveva affittato un appartamento in piazza della Repubblica per il suosoggiorno milanese, con la propria auto. Le due donne si abbracciarono con l'intesache si sarebbero presto riviste. Giada allora:
    " La primasera che sei libera avrei piacere che tu venissi a cena a casa mia. Invitereianche la mia amica Sisa che hai conosciuto da Loredana: sono sicura che tipiacerà."
    " Moltovolentieri, ti telefono io. Aurevoir."
   
    Si ritrovaronoil sabato seguente a casa di Giada che organizzò una cena con i fiocchi. AncheDésirée e Sisa legarono molto e tutte tre insieme chiacchierarono fino a notteinoltrata degli argomenti più disparati.
    Giada e Désiréesi rividero spesse volte e Giada si accorse che si stava veramente affezionandoalla scrittrice, donna di grandi qualità e forse inconsciamente rivedeva in leila figura materna che tanto presto le era mancata. Désirée era sensata edequilibrata e riusciva a capire anche i suoi pensieri più reconditi e sapevadarle sempre consigli appropriati.
     Lascrittrice faceva la spola fra Parigi e Milano ma appena era loro possibiles’incontravano ed anche Sisa si univa a loro quando non aveva impegni conMargherita.
    Passaronoalcuni mesi e la loro amicizia si consolidò. Per merito di Désirée Giada avevariacquistato serenità e la vita le sembrava meno triste. La scrittrice trovavasempre la parola giusta e la sua grande esperienza le permetteva di analizzarele cose ed i fatti con grande obiettività. Pure lei si era affezionata a Giadache riteneva una creatura speciale.
    Ai primi digiugno Désirée le telefonò da Parigi per invitarla perché era in arrivo Gerarde voleva farglielo conoscere. Il venerdì sera Giada s'imbarcò ed all'aeroportotrovò ad attenderla l'amica con il figlio. Era un bellissimo ragazzo: alto, glistessi magnifici occhi verdi della mamma, capelli castani ed un sorrisosmagliante. L'abbracciò come una vecchia amica perché la mamma gli aveva alungo parlato di lei e tutti e tre si recarono a casa.
    L'appartamentoera situato in Rue de Rivoli proprio davanti ai giardini Des Tuileries, al di làdei quali scorreva la Senna. Era vasto ed arredato con gusto squisito ed eraevidente l'impronta della padrona di casa che, unendo l'antico con il modernoera riuscita a creare un insieme alquanto piacevole. Ovunque oggettiprovenienti dai viaggi per il mondo erano ben armonizzati fra di loro. Il buongusto di tutto l'arredamento non poteva certamente passare inosservatoall'occhio esperto di Giada. Era una di quelle abitazioni in cui, appenaentrata, ti senti come a casa tua.
    Il sabato fu lagiornata dedicata allo shopping senza scordarsi di ammirare le innumerevolibellezze della Ville Lumière. Alla sera cenarono sul bateau-mouche assaporandoil panorama della città completamente illuminata in quanto, in quei giorni sieffettuavano degli spettacoli e tutti i monumenti avevano giochi di luciparticolari.
    La domenicamattina, con la funicolare, una visitina alla Basilique du Sacré-Coeur, quindial vicino Montmartre dove Désirée le fece assolutamente fare un ritratto aspatola da uno degli artisti che lavoravano nella famosa piazzetta. Pranzaronoin un elegante ristorante sui Champs-Elysées dove trovarono degli scrittoriamici di Désirée che le fecero un sacco di complimenti. Al pomeriggiol'immancabile visita alla Tour Eiffel da dove ancora una volta Giada ammiròParigi in tutta la sua bellezza.
    Furono perGiada due giorni spensierati e divertentissimi. Aveva visitato Parigi parecchievolte ma ora la vedeva con altri occhi ed il comportamento dell'amica e delfiglio la fecero sentire parte della famiglia con il loro affetto ed ospitalità.
    Con moltorimpianto riprese l'aereo la domenica sera ma si fece promettere dai due amiciche presto sarebbero venuti a Milano per un po' di tempo.
    Come promesso Désiréee Gerard arrivarono e si trattennero per una decina di giorni e Giada si presequalche giorno di ferie. Fecero gite ai laghi che piacquero oltremodo aifrancesi ed in modo particolare le isole del lago Maggiore. Raggiunsero localitàmontane non distanti da Milano e quando furono a Pian Dei Resinelli, ai piedidella Grigna, Giada mostrando il Resegone a Désirée le ricordò la citazione delManzoni nei suoi Promessi Sposi. Un giorno lo dedicarono all’incantevole Golfodel Tigullio del quale s'innamorò Gerard che disse di non aver mai visto,neppure in Costa Azzurra un punto bello come quello di Portofino. Il ragazzo,che non conosceva l'Italia, fu entusiasta al punto di dire che, dopo averconseguito la laurea in scienze politiche, gli sarebbe piaciuto lavorare qui.Alla gita sul Tigullio si unirono Sisa e Margherita la quale si 'innamorò' diGerard e volle sempre dargli la manina. La bambina era deliziosa e sia Désiréeche il figlio le si affezionarono.
    Quando gliamici ripartirono Giada sentì un gran vuoto.

11° Capitolo "e... arriva l'aurora" (21)


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21)   
    Giada si buttòanima e corpo nel lavoro cercando di non pensare ad altro ma se questo eravalido durante il giorno, alla sera, sola in casa, Mattia era nei suoipensieri.
    Sisa cercava dinon lasciarla mai sola e spessissimo la invitava a casa perché anche Francescaera molto rattristata per Giada che considerava una seconda figlia.
    Molte volteandavano al cinema, a teatro o si trovavano con amici comuni.
Un sabato sera Sisa insistette perché l'amica l'accompagnasse, dopo cena,a casa di una sua collega che organizzava una serata in onore di una scrittricefrancese che presentava in Italia il suo primo libro. Giada non aveva nessunavoglia di uscire ma tale fu l’insistenza di Sisa che accettò.
    " Giada,ti raccomando fatti bella! Voglio rivedere la mia amica all'optimum come sonosempre stata abituata."
    " Sarà unagara dura" le sorrise l'amica "ma farò del mio meglio."
    Indossò unabito blu elettrico molto semplice ma di ottimo taglio. Con questo colore isuoi capelli sembravano di fuoco. Sisa la passò a prendere con l'auto e sidiressero verso via Sardegna dove abitava la collega.
    Appena entratenell'appartamento furono accolte con gran calore da Loredana, la padrona dicasa, che trattò Giada come una vecchia amica. Nel salone c'erano parecchiepersone ma il centro dell'attenzione era una signora sui quarantacinque anniaffascinante ed elegante; capelli biondi di media lunghezza, alta, magra, occhiverdi, belle mani, indossava un tailleur grigio chiaro e da lei sprigionava unagran classe. Quando Giada le fu presentata, la scrittrice Désirée Didier, lefece un gran sorriso ma i suoi occhi la fissarono così intensamente che lei sisentì radiografata da quello sguardo magnetico.
    Giada ascoltòmolto e parlò poco ma la serata fu piacevolissima. Ad un certo punto lascrittrice le si avvicinò e, sempre sorridendo:
    " Non hosentito ancora la voce di questa signorina." Le disse in perfetto italianoma con accento francese.
    " Hopreferito ascoltare lei e le posso assicurare che mi ha affascinata. Lunedìandrò subito in libreria ad acquistare il suo libro perché se é interessantecome lei, sarà un gran successo."
    " Laringrazio e capisco che quello che lei mi dice lo sta veramente pensando. Sonouna buona psicologa e so che le persone come lei non parlano mai a vanvera.Sono abituata a complimenti di vario genere ma capisco quando questi sonosinceri."
    Cominciarono a parlare. Désiréevolle sapere di lei, che lavoro facesse ed un po' della sua vita. StranamenteGiada parlò di sé, della sua professione del suo viaggio in Brasile e di tantealtre cose e lei stessa si stupì della facilità di aprirsi così conun'estranea. Ad un certo punto, guardandola dritta negli occhi, Désirée ledisse:
    " Dentro di leic'è un grande dolore ed i suoi begli occhi non riescono a nascondere: penso siacolpa di un uomo."
    Giada la guardòsorpresa:
    " Ma comelo ha capito?"
    " Le hodetto che sono psicologa e riesco a capire le persone quando ne vale la pena e
lei ne vale."
    Furono interrotteda altri che volevano chiedere informazioni alla scrittrice e Giada rimasepensierosa in un angolo. Quella donna l'aveva colpita e le sarebbe piaciutopoter parlare con lei per ore ed ore. Ad un certo momento Désirée decise diandarsene e salutò tutti. Avvicinandosi a Giada le mise un biglietto in mano ele disse:
    " Mitelefoni, continueremo il discorso se le fa piacere."
    Tornando a casaGiada raccontò all'amica la conversazione avuta con Désirée e che questa leaveva lasciato il suo numero telefonico.
    " Vi hoviste parlare fitto fitto ed é innegabile che quella donna ha qualcosa diparticolare e non parlo del suo aspetto fisico, tra l'altro molto piacevole madi un forte carisma che sprigiona da lei."
    " Haiperfettamente ragione, ho avuto la tua stessa sensazione."
    Rientrata acasa Giada sentiva in sé una calma ed una serenità che da tempo non provava.
    Cinque giornidopo, un pomeriggio, Giada telefonò a Désirée:
    " Pronto,signora Didier?"
    " Sì, chiparla?"
    " Sono GiadaGaliardi, la rossa."
    Risatadall'altro capo del telefono:
    "Precisazione inutile! L'avevo riconosciuta. Ha fatto bene a telefonarmi. Mi fapiacere. Come sta?"
    " Bene e lei? Ed ilsuo libro?"
    " Tutto va ameraviglia. Sarei contenta di rivederla."
    " Non osavochiederglielo per i suoi numerosi impegni."
    " A che ora escedall'ufficio?"
    " Non ho un orariopreciso, dalle diciotto alle diciannove."
    " Le va di bereun aperitivo verso quell'ora?"
    " Moltovolentieri!"
    " Allora in piazzaCavour angolo via Senato, alle diciannove."
    " Perfetto, a piùtardi."
    Il puntod'incontro era a pochi passi dal suo ufficio e mentre vi stava arrivando, videDésirée scendere da un taxi. Giada per natura puntualissima, costatò con piacereche la scrittrice aveva anche questa qualità. Si abbracciarono e la prima cosache Désirée disse fu:
    " Aboliamosubito il signora e signorina: tu sei Giada ed io sono Désirée e diamoci deltu."
    Questadecisione fece un gran piacere a Giada perché le sembrava di conoscere Désiréeda parecchio tempo.
    Sottobraccio,camminando lentamente e chiacchierando arrivarono in piazza San Babila e sisedettero in un bar sotto i portici. Davanti a due Martini non smisero unmomento di parlare e ad un certo punto Désirée guardando l'orologio, chiese:
    " Giada, andiamo acena assieme? Hai degli impegni?"
    " Nessunimpegno, ad un patto però: offro io."
    " Vada per questavolta. Dove andiamo?"
    " In viaSant'Andrea c'è un bel localino ed in più é vicino."
    "Parfaitement!"
    La cena fu ottima,l'ambiente simpatico e la compagnia di Désirée aveva il potere di rasserenareGiada. La scrittrice le raccontò di avere quarantotto anni, di essere nata aParigi e di aver vissuto in questa città fino al conseguimento della laurea inlettere. Infine era partita per gli USA dove aveva vissuto per dieci anni traNew York e Los Angeles. Aveva sposato un medico, Richard Moore, nativo diDenver ma residente a Los Angeles, dal quale aveva avuto un figlio, Gerard, cheora aveva diciannove anni e che lei adorava. Aveva divorziato da circa ottoanni ma con l'ex marito erano rimasti buoni amici ed il ragazzo viveva un po'con lei, che si era ristabilita a Parigi ed un po' con il padre; in quelperiodo era con lui. Lei viaggiava spessissimo e conosceva tutto il mondo.

10° Capitolo "e... arriva l'aurora" (20)


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20)
      Dopoessere stato liquidato da Giada ed aver inutilmente perorato la sua causapresso Sisa, Mattia era un uomo finito.
    Luisa avevasubito compreso, vedendolo tornare a Como distrutto, che non era riuscito asistemare le cose con Giada. Era molto dispiaciuta per lui perché a Mattiavoleva veramente bene. In tutti gli anni che erano rimasti insieme, lui, purnon nascondendo di non essere mai stato innamorato di lei, era sempre statogentile, affettuoso e non le aveva mai fatto mancare nulla, anzi, era statosempre molto generoso.
    Mattia era unbel ragazzo e lei, quando lo aveva sposato con l'aiuto dei suoceri, credeva diamarlo ma era stata una semplice infatuazione giovanile. Senz'altro se nonfosse vissuta nella casa dei suoi ed avesse avuto l'occasione di conoscerealtri ragazzi lo avrebbe certamente capito. Era molto riconoscente ai genitoridi Mattia per averla trattata come una figlia e di averla fatta vivere infamiglia ma se loro non avessero obbligato Mattia a sposarla, non li avrebberoresi infelici.
    Luisa nonsapeva che parole usare per consolare e sollevare il morale di Mattia ancheperché tra loro, dopo tanti anni che si conoscevano, non c'era moltaconfidenza.
    Quando lui leaveva confessato che in Brasile aveva conosciuto Giada e si era perdutamenteinnamorato di lei, Luisa aveva avuto il coraggio di confessargli che anche leisi era creata un nuovo affetto. Non gli avrebbe mai svelato ciò se lui non leavesse parlato di Giada.
    Luisa avevaconosciuto Pietro Corsi immediatamente dopo la partenza di Mattia per ilBrasile. Per passare il tempo si era iscritta in una palestra dove lui faceval'istruttore. Era un uomo interessante ma soprattutto dolce e comprensivo ed inlui aveva trovato l'amore che dal marito non aveva mai avuto. Ora che loroavevano deciso di divorziare, Pietro non vedeva l'ora d'iniziare una nuova vitacon lei.
    I suoceri eranorimasti sconvolti da questa loro decisione perché essendo di mentalitàretrograda non ammettevano che due persone, che avevano giurato fedeltà eterna,si potessero dividere.
    La sera cheLuisa e Mattia andarono da loro per comunicare i loro progetti, ci fu unadiscussione nella quale il figlio senza acredine ma con tanta amarezza liincolpò di essere la causa di questo risultato in quanto i figli vanno guidati,consigliati ma mai obbligati a fare cose che non vogliono: ogni essere umano hail diritto di sbagliare da solo.
    Mattia, che alritorno dal Brasile aveva chiesto alla direzione di Berlino di volersi fermarein Italia, decise che per lui l'unica soluzione era quella di ripartire perl'estero. La direzione tedesca gli propose di andare per circa nove mesi inAfrica e precisamente nello Zimbabwe.
    Lui aveva giàlavorato nell'Africa del nord ma non conosceva assolutamente quellameridionale. Più lontano andava dall'Italia e meglio era e forse, cosìdistante, avrebbe ritrovato un po' di pace.
    Prima dipartire andarono da un avvocato per le pratiche del divorzio, pregandolo diaccelerarle al massimo per permettere a Luisa di regolarizzare la suaposizione. Lui le lasciava la casa completamente arredata ed al suo ritornoavrebbe deciso in merito. Prepararono negli scatoloni tutte le cose di Mattiache depositò nella casa di un suo conoscente che aveva un locale vuoto.
    Luisa vollepresentargli Pietro che a Mattia fece una buona impressione: gli sembròsinceramente innamorato ed augurò ad entrambi di essere felici.
    Si volle un po'documentare sul paese in cui andava perché non lo conosceva per nulla. Appreseche lo Zimbabwe era l'ex Rhodesia e si trovava nel bacino dello Zambesi, fra loZambia, il Mozambico ed il Sudafrica.
    Si sarebbefermato nella parte nord orientale della regione dove si trovavano le foreste.Avrebbe diretto il laboratorio situato nelle vicinanze della foresta,sostituendo un biologo austriaco che rientrava in patria dopo pochi mesi permotivi di famiglia.
    Qualche giornoprima di partire volle rivedere Giada e si appostò semi nascosto davanti alportone dell'ufficio. Alle diciannove eccola uscire insieme a Maurini cheMattia conosceva di vista ma con il quale non aveva mai parlato. Giadaindossava una giacca di pelo chiaro ed i suoi meravigliosi capelli si muovevanoad ogni suo passo. Con Maurini si salutarono quasi subito e lei, con la suaandatura decisa ma femminile, si avviò verso piazza Cavour. La seguì e sisentiva il cuore stretto in una tenaglia. Avrebbe voluto rincorrerla,abbracciarla stretta e ripeterle che l'amava ma non fece niente di tuttoquesto. Poco dopo lei salì su un autobus e lui rimase immobile, triste esconsolato nel vederla allontanare.
    Al sei di marzosi sarebbe imbarcato e, se nulla fosse successo, il ritorno era previsto perdicembre.
    La sera prima dellapartenza telefonò ai suoi per salutarli e loro si dimostrarono molto freddi.Mattia non si stupì perché era abituato al loro comportamento ed anche perchégli avevano affermato che se lui e Luisa si fossero veramente separati, perloro erano morti e, più che mai, Mattia si sentì solo al mondo.

martedì 22 gennaio 2013

"e... arriva l'aurora" (18)


18)
    Mattia senzafar caso all'interruzione:
    " ConoscoLuisa, mia moglie, sin dall'infanzia perché i nostri genitori erano amici.Frequentavamo lo stesso liceo ma non la stessa classe perché io sono maggioredi un anno. Quando lei aveva diciassette anni rimase orfana perché i suoigenitori perirono in montagna travolti da una valanga. Non aveva parenti ed imiei genitori la presero in casa con noi e da quel giorno lei fece parte dellafamiglia. Io le volevo veramente bene ma come ad una sorella mentre leicredette di essersi innamorata di me. E qui subentrano i miei genitori chepensarono di farci sposare. Io mi ribellai a questa idea ma avevo solo ventunanni e non ero in grado di essere autosufficiente. Frequentavo l'università edipendevo completamente da loro ma non puoi immaginare quanto poi mi siapentito di non essere scappato da casa magari facendo il mozzo su qualche naveperché questo matrimonio ci ha resi infelici tutti e due ed io non ho maiperdonato i miei. Quello che Luisa credeva essere amore per me erasemplicemente affetto ma quando anche lei se ne accorse era troppo tardi. E'una donna dolcissima ed io le sono affezionato e mai potrei farle del male. E'sola al mondo ed io non ho mai pensato di lasciarla fino al momento che hoconosciuto te. Quando in Brasile ti ho raccontato che non avevo mai avutostorie importanti era la pura verità. Io non mi sono mai innamorato e solo conte ho capito cosa vuol dire amare. Ho sempre scelto di viaggiare molto e distar lontano molti mesi perché il nostro ménage andava bene solo così: Luisafinanziariamente sta bene e può permettessi di fare una bella vita tranquillaanche perché é una donna semplice e non sente assolutamente la mia mancanza, iodal canto mio mi butto completamente nel lavoro che mi da grandi soddisfazioni.Tutto questo modo di vivere é andato benissimo fino a quando nella mia vita seientrata tu e mi hai travolto. Sì, travolto é la parola esatta. La grandezza, laprofondità, l'intensità del nostro amore ha completamente cambiato la mia vitae mi ha permesso di conoscere emozioni che prima mi erano sconosciute. Venerdìsera quando sono rientrato e Luisa mi ha raccontato che una bella ragazza daicapelli rossi mi aveva portato una torta e del vino da parte di Gabriel io leho detto tutto di noi e lei ha compreso benissimo perché noi due ora siamo solobuoni amici."
    Giada sembravauna sfinge: nessuna emozione traspariva da lei.
    " Giada,ti prego, dimmi qualcosa. Io ti ho raccontato la verità, mi devi credere."
    " La tuaverità non m'interessa! Sei in ritardo di un anno! Me la dovevi raccontarequando mi hai conosciuta: allora avrebbe potuto avere importanza, ora non ne hapiù."
    " Ma se tiavessi detto che ero sposato, tu non avresti mai iniziato con me. Per come tiavevo giudicata non mi avresti neppur guardato."     
    " Questaera una decisione solo mia ma tu avevi il doveri d'informarmi. Qualsiasi cosatu ora mi raccontassi io non ti crederei più perché hai rotto in me qualcosache non si aggiusterà più. Avevo riposto in te una fiducia illimitata e tul'hai gettata al vento. D'ora in avanti tu prosegui per la tua strada che ioproseguo per la mia e mi auguro che viaggino parallelamente perché finché vivrònon ti voglio più né vedere né sentire. Non ti dico quello che penso di teperché la ritengo una inutile perdita di tempo ma sappi solo che ti disprezzoprofondamente." E così dicendo si alzò e si avvicinò alla porta.
    Mattia sembravaistupidito.
    " MaGiada, non può finire così fra di noi. Ti prego ripensaci. Cerca di perdonarmi.Io ti amo!"
    " E' giàfinita! Da venerdì sera tu per me non esisti più." Aprì la porta e losospinse fuori.
    Chiusa la portale si appoggiò per non cadere e rimase immobile per parecchi minuti. Il giornodopo avrebbe rispedito a Como un pacchetto con lo smeraldo e tutto sarebbestato definitivamente chiuso.
    Giada si chiesecome poteva essere stata così sciocca di non aver mai analizzato alcunereticenze di Mattia, alcuni suoi silenzi. Non si poteva essere così cieche ocosì delicate da non voler sapere come e dove viveva. In fondo si eranofrequentati per dieci mesi ed un po' di curiosità da parte sua sarebbe stata piùche lecita. Anche il fatto di non averle mai presentato i genitori, seppur informa casuale, la doveva mettere in allarme. Il suo gran tatto in merito avevaproprio rasentato la stupidità. E' giusto rispettare la vita degli altri maquando per vari mesi dividi letto ed intimità, ti devi permettere diapprofondire almeno le cose essenziali.
    Convincendosidi essersi comportata come una stupida, stressata dalla grande tensione edall'incontro con Mattia, si addormentò ma il sonno fu alquanto agitato.

"e... arriva l'aurora" (17)


17)
    Ai primi difebbraio era esattamente un anno che si conoscevano e Giada decise di fare unasorpresa a Mattia che non l'avrebbe raggiunta per quel fine settimana.
    Era un venerdìe, uscita prima dall'ufficio, si recò in una pasticceria a ritirare una tortaprecedentemente ordinata. Aveva preso da casa una bottiglia di spumante ed alvolante della sua auto si diresse verso Como. Non avendo l'indirizzo di casaperché Mattia non glielo aveva mai dato e lei non l'aveva mai chiesto, telefonòal laboratorio dove lui lavorava e con una scusa chiese l'indirizzo del dottorBonini, anche perché dall'elenco telefonico non risultava nessun Bonini Mattia.
    Verso le ventiarrivò a Como, cercò la casa di Mattia, suonò tre volte come lui faceva inBrasile e, mentre aspettava che qualcuno rispondesse, decise che, qualora nonfosse stato in casa, lo avrebbe atteso in macchina. Non vedeva l'ora diosservare la sorpresa di Mattia.
    Il portone siaprì e Giada cominciò a salire con la torta nella mano destra ed il vino nellasinistra: 'per fortuna ha solo tre piani' pensò Giada e ad ogni piano sifermava per leggere la targhetta. Sull'ultima porta del secondo piano ecco M.Bonini. Con il cuore in gola un po' per le scale ed un po' per l'emozione Giadasuonò. Sentì dei passi, la porta si aprì ed una donna comparve sulla soglia.Era sulla trentina, graziosa, minuta, castana, indossava una gonna a pieghescozzese con un golfino azzurro. Per alcuni secondi Giada rimase muta e poi:
    " E' lacasa del dottor Mattia Bonini?"
    " Sì!"rispose la donna guardandola interrogativamente.
    " Non é incasa il dottore?"
    " No, midispiace. Mio marito non é ancora tornato, credevo avesse suonato lui. Ma leichi é?"
    Giada rimase aguardare la donna senza essere in grado di proferir parola poi, facendo unenorme sforzo e cercando di essere il più naturale possibile:
    " Vedesignora, sono di passaggio ed un mio amico di Rio de Janeiro, un certo Gabriel,mi ha pregato di portare questa torta e lo spumante al dottor Bonini con tanticari saluti."
    "Oh chegentile! Ma la prego si accomodi. Mio marito non tarderà e sarà felice diringraziarla personalmente."
    " Midispiace molto signora ma ho degli amici qui sotto che mi stanno attendendo edobbiamo ripartire subito. Molto piacere d’averla conosciuta."
    " Miomarito sarà molto dispiaciuto di non conoscerla e ringraziarla in ogni caso laringrazio io a nome suo e le auguro buon viaggio."
    A distanza ditempo Giada non sapeva spiegarsi come avesse fatto a scendere le scale, salirein macchina e guidare fino a Milano perché lei di tutto questo non rammentavanulla. Ricordava solo un senso di gelo e l'impressione che il mondo intero lefosse crollato addosso: era una sensazione così reale che tutte le ossa ledolevano.
    Giunta a casavide lampeggiare la segreteria telefonica che meccanicamente staccò. Spense ilcellulare, si fece una doccia e come un automa si coricò.
    Per tutta lanotte non chiuse occhio, la sua mente era in ebollizione, le tempie lebattevano e nello stomaco le sembrava di avere dei carboni ardenti.
    Arrivò almattino in queste condizioni e la prima cosa che fece fu quella di telefonare aSisa pregandola di raggiungerla. Essendo sabato l'amica ancora riposava masentendo la voce alterata di Giada non fece alcuna rimostranza per essere statasvegliata e velocemente si recò da lei che per fortuna abitava vicinissima.Qualcosa di grave doveva essere successo perché Giada, così educata esensibile, la chiamasse di sabato mattina alle sette.
    Quando l'amicale aprì la porta Sisa si trovò davanti ad un fantasma: il viso era terreo, gliocchi infossati con due profonde occhiaie ed un leggero tremito le scuoteva ilcorpo.
    " Ma Giadache ti é successo? Mi spaventi. Dimmi, posso far qualcosa?"
    " Starmiad ascoltare." E la sua voce era roca e profonda.
    Raccontò perfilo e per segno tutto quello che era accaduto la sera prima. Alla fine delracconto Sisa era di sasso e riuscì solo a dire 'che mascalzone'. Vedeval'amica distrutta e non aveva possibilità di far nulla per aiutarla.Conoscendola profondamente sapeva che questo duro colpo non sarebbe statofacile da assorbire. Avvisò la mamma che si sarebbe trattenuta tutto il giornoed anche la notte perché Giada aveva bisogno di lei. Non riuscì a farleingerire nulla se non qualche tazza di thé.
    Nel frattempo,nella segreteria telefonica, vi erano registrate almeno una decina ditelefonate di Mattia che supplicava Giada di rispondergli perché le dovevaassolutamente parlare.
    La domenicamattina Giada era un po' più calma e Sisa cercò di farla ragionare:
    " Giada, nessunapiù di me ti può capire e so che in questo momento tu soffri terribilmente maricordati che nessun uomo merita che si perda la bussola per lui. Devi reagiree tu sei in grado di farlo, devi tirar fuori tutta la tua grinta come haisempre fatto nei momenti più tragici della tua vita. Sei una ragazza in gamba,hai un lavoro bellissimo che ti gratifica e non permettere a quel bellimbustodi rovinarti la vita. Sfogati, digli tutto quello che pensi di lui e depennalodal tuo cuore e dai tuoi pensieri."
    " Hai ragione Sisa! Non gliela darò certo vinta:se pensa che io mi strappi i capelli o mi attacchi al tubo del gas si sbaglia.Conoscerà un lato di Giada che neppure immagina."
    Nel tardopomeriggio, vedendo l'amica più sollevata, Sisa si fece raggiungere dalla mammae da Margherita e la bimba, che sembrava capisse, si mise in braccio a Giada enon l'abbandonò più. All'ora di cena Francesca andò in cucina e preparòqualcosa da mangiare. Dopo cena gli occhietti di Margherita stavano chiudendosie Sisa decise di tornare a casa. Prima di lasciare Giada, abbracciandola, ledisse:
    "Ricordati quello che mi hai promesso. Fai vedere chi sei!"
    Il lunedì inufficio fu lunghissimo e pesante perché Giada aveva un macigno sul cuore. Presela scusa che era stata poco bene, aveva avuto un po' di febbre e tutti lecredettero. Al rientro a casa sul portone l'attendeva Mattia che, pur avendo lachiave dell’appartamento non era salito, non aveva osato. Anche lui erapallidissimo.
    " Ti hochiamato moltissime volte. Perché non mi hai richiamato?"
    " Nonvolevo disturbare tua moglie!" rispose Giada gelidamente.
    " Io tidevo assolutamente parlare, ti devo spiegare."
    " Anch'io!Quindi sali da me ma prima dammi le chiavi della mia casa."
    Mattia tolse lechiavi dal suo portachiavi e gliele porse.            
    In ascensorenon aprirono bocca ed entrati in casa Giada lo fece accomodare in soggiornocome un perfetto estraneo. Si tolse il cappotto, depose la borsetta e loraggiunse. Si sedettero l'una di fronte all'altro e Mattia iniziò a parlare:
    " Giadaperdonami! So di averti fatto molto male ed é l'ultima cosa al mondo che avreivoluto."
    " Troppo buono! Questatua bontà d'animo mi commuove!"
    " No, ti pregoGiada, non così, non con questo tono."
    " E che tonovorresti? Se le mie parole diventassero lame da rasoio sarebbero sempre troppolievi se paragonate al tuo comportamento."
    " Hairagione, al mio comportamento non ci sono scusanti ma ti chiedo di lasciarmispiegare tutto dal principio e ti giuro che quello che ti dirò é la pura verità."
    Giada immobile,distaccata e fredda come un iceberg, seduta in poltrona, attese che luiparlasse.
    " E' vero,sono sposato ma il mio matrimonio é finito da lungo tempo o meglio non é maiesistito."
    Giada con tonosarcastico:
    " Questaveramente é una scusa che non ho mai sentito e non ho mai letto. Un evviva allatua immaginazione!"

8° Capitolo "e... arriva l'aurora" (16)


8


16)
     Quando l'aereo stava per atterrare alla Malpensa il cuore di Giada cominciò a viaggiare a ruota libera: fra poco sarebbe stata fra le braccia di Mattia e le sembrava di essere una ragazzina al suo primo appuntamento.
    Mattia l'attendeva al terminal e lei volò letteralmente da lui. Fu un abbraccio così intenso che rimasero senza fiato. Giada era talmente felice di essere fra le braccia del suo uomo che non si accorse neppure del freddo intenso, clima tanto diverso da quello che aveva lasciato.
    Seduti nell'auto di Mattia, prima di ripartire per Milano, si baciarono e compresero che nulla era cambiato fra di loro.
    Dopo essere rimasta sola Giada aveva venduto la casa in cui aveva vissuto con i suoi genitori perché troppo grande e, sempre in zona Città Studi, ne aveva acquistata una più piccola composta da: sala/soggiorno, grande cucina con terrazzo, camera da letto, bagno e guardaroba con annesso bagno di servizio. Era molto affezionata a questa casa e le sue capacità le avevano permesso di renderla molto accogliente.
    Mattia l'accompagnò e salì con lei. Dopo aver alzato le tapparelle e ripreso possesso della casa, con lui accanto si sentì veramente felice. Tutto era a posto perché la moglie del custode l'aveva curata per tutto l'anno ed in soggiorno le aveva fatto trovare una fiorita pianta di ciclamini rossi.
    Fece visitare l'appartamento a Mattia che lo trovò eccezionale e finalmente poterono fare l'amore con tutta la passione di cui erano capaci.
    Era venerdì, Giada avrebbe ripreso il lavoro il lunedì successivo e quindi avevano due giorni tutti per loro. Andarono a far la spesa in un supermercato, felici come due ragazzini, acquistando un mucchio di cose inutili. Cucinarono, si raccontarono gli ultimi due mesi trascorsi, guardarono la televisione e si amarono: era tutto così normale, così naturale, che sembrava avessero vissuto sempre insieme. Ad un certo punto Giada guardò Mattia e:
    " Ed ora?"
    " Ed ora cosa?" rispose Mattia.
    " Come ci organizziamo con te a Como ed io a Milano? Non mi hai mai raccontato nulla di Como, so solo che hai una casa ma non so neppure dove sia. Mi piacerebbe vederla."
    " Niente a che fare con questa tua! E' situata verso Cernobbio, é molto semplice e poco organizzata perché ci vivo pochissimo."
    " Ed i tuoi genitori qui a Milano dove abitano?"
    " A Porta Romana."
    Notando la reticenza di Mattia nel rispondere, Giada, come di sua abitudine non insi-stette e cominciarono a parlare del Natale che sarebbe arrivato dopo una ventina di giorni.
    Alla domenica sera Mattia rientrò a Como in quanto il lunedì mattina si doveva trovare presto al laboratorio e non era il caso di fare una levataccia.
    Al rientro in ufficio Giada fu accolta da tutti con baci, abbracci e tantissimi complimenti sia per il suo aspetto fisico che per il lavoro svolto. Il capo le aveva fatto trovare sul suo tavolo un enorme fascio di rose rosse con un semplice biglietto 'Grazie'.
    Commossa da tutte queste dimostrazioni di affetto, immediatamente, si reinserì nel suo ambiente.
    La settimana trascorse fra nuovi lavori e relative soluzioni da adottare ed ogni sera Mattia, affettuosissimo, le faceva lunghe telefonate. Il venerdì sera venne a Milano e trascorsero un altro fine settimana in grande intimità.
    Durante la cena, Giada disse:
    " Mattia, il Natale lo festeggiamo qui, vero?"
    " Spero di sì ma prima devo sentire i miei. Sai hanno solo me!"
    " Non potremmo invitare qui pure loro? Tanto prima o poi mi dovranno conoscere."
    " Purtroppo in questo momento mio padre non sta molto bene e non sarebbe il caso."
    Notevolmente delusa Giada non disse più nulla ma innegabile che la cosa non le fece piacere ed il suo umore mutò. Mattia cercò in tutti i modi di farle tornare il buonumore ma non vi riuscì.
    Quando alla domenica sera Mattia ripartì, Giada, seduta davanti al televisore acceso senza vederlo, analizzò il comportamento di Mattia e rimase sconcertata: in Brasile lui le aveva parlato dei suoi con un tono molto distaccato come se fossero estranei ed ora preferiva loro a lei ma, quello che l'aveva più colpita, era stata la netta sensazione che non volesse farglieli conoscere.
    Telefonò a Sisa, le raccontò i fatti e le chiese il suo parere. Anche l'amica rimase stupita ma le raccomandò di non trarre affrettate conclusioni, di aspettare e vedere.
    " Comunque Giada, noi tre a Natale siamo sole ed il tuo posto a tavola vicino a Margherita c'è sempre. Egoisticamente sarei felice che Mattia non venisse da te perché per noi é una tradizione passare il Natale assieme e ci mancheresti. Pensa già a qualche scusa da raccontare a Margherita che aspetta il Natale per ascoltare le fiabe di zia Giaia."
    Deposto il telefono Giada non poté fare a meno di pensare che quello che aveva temuto si stava avverando: il periodo che avevano vissuto in Brasile era stato unico ed irripetibile. Mattia, pur essendo sempre dolce ed affettuoso, non era più lo stesso uomo e molto spesso lo vedeva pensieroso come se avesse delle preoccupazioni. Pensava di aver diritto di sapere se qualcosa lo turbava, fossero problemi di lavoro o di altro genere. Fra di loro c'era sempre stata sincerità e fiducia che erano le basi principali per un buon rapporto.
    Durante la settimana Mattia le comunicò che Natale e Santo Stefano l'avrebbe obbligatoriamente trascorso con i suoi ma che potevano festeggiare insieme la sera della Vigilia; sarebbero andati alla Messa di mezzanotte e poi lui avrebbe dormito dai genitori. Giada rimase malissimo e le venne voglia di non accettare ma alla fine acconsentì.
    Preparò una cena a base di pesce come vuole la tradizione ma senza alcun entusiasmo. Sperava in un Natale particolare vicina al suo uomo ed invece avrebbe trascorso uno dei soliti, prevedibili Natali.
    Mattia arrivò con un enorme mazzo di gigli ed al momento di cenare Giada trovò sul piatto un pacchettino avvolto in carta lucida rossa con un biglietto:
'Buon Natale amore e ti prego di convincerti che sei al centro dei miei pensieri'. Aprì il pacchetto ed un enorme smeraldo era adagiato sul velluto della scatoletta. Giada rimase imbambolata a guardarlo: non aveva mai visto una pietra tanto bella e di un colore così intenso. Guardò Mattia:
    " Ma tu sei pazzo! E' troppo bello! Non lo posso accettare."
    " E' da quest'estate che me lo porto appresso ed aspettavo il Natale per donartelo. L'ho acquistato in Brasile ed ho scelto una pietra degna di te che riuscisse a farti capire quanto ti amo."
    In quel momento Giada dimenticò tutti i brutti pensieri che le erano passati per la testa in quel periodo e si rifugiò fra le sue braccia.
    " Lo farò montare, lo metterò al dito e non lo toglierò più e se qualche volta avrò dei dubbi, guardandolo, penserò a quello che mi hai appena detto e le mie perplessità spariranno."
    Giada gli aveva regalato un orologio con tantissime funzioni che entusiasmò Mattia: ci volle una buona mezz'ora per spiegargli i vari funzionamenti.
    Trascorsero una serata romantica poi andarono a Messa dopo di che Mattia accompagnata a casa Giada andò dai suoi.
    Il giorno di Natale, come di consuetudine, Giada lo passò a casa di Sisa e si sentì in famiglia. L'affetto che queste tre donne provavano per lei avevano in parte sostituito la mancanza dei suoi genitori. Margherita non la lasciò un attimo e le mostrò entusiasta tutti i doni che Gesù Bambino le aveva portato durante la notte. Stette immobile al racconto della fiaba che Giada aveva preparato per lei ed i suoi occhioni azzurri non lasciarono un momento il suo viso. Francesca aveva superato se stessa preparando un ottimo tacchino alla lombarda. La giornata trascorse serena e la compagnia di Sisa le permise di non pensare sempre a Mattia.
    La sera dell'ultimo e del primo dell'anno, Mattia, lo trascorse con Giada: loro due soli allegri ed euforici.
    La loro vita trascorreva così: durante la settimana lei a Milano, lui a Como, si telefonavano e di sabato Mattia la raggiungeva. Qualche volta si tratteneva anche la domenica ma spesso rientrava a Como avendo del lavoro da sbrigare.
    Giada non era serena perché lui non parlava mai del loro futuro. Un giorno lei, decisa a chiarire qualche punto, gli disse a bruciapelo:
    " Che cosa ti turba Mattia? Sei sempre affettuoso ma non sei certamente quello che ho conosciuto. Alle volte mi sembra che tu sia presente solo fisicamente ma il tuo pensiero sia altrove. Io ricordo un Mattia che spiritualmente viaggiava sulla mia stessa lunghezza d'onda ma ora ho perso il mio compagno."
    " Hai ragione, amore, ho grossi pensieri ma per ora non te ne posso parlare.
Sappi solamente che io ti amo, se possibile più di prima e non sei tu la causa delle mie preoccupazioni. Spero di risolvere al più presto i miei problemi e di poterti alla fine spiegare tutto."
    Giada non insistette oltre rispettando la sua decisione.