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A metà
luglio, un mercoledì, Giada salì su un aereo per Belem dove Mattia l'attendeva.
Era partita da Rio che il sole splendeva ma, man mano che si avvicinava a
destinazione, nuvole nere si addensavano nel cielo. Arrivò all'aeroporto che
diluviava. La pioggia cadeva con un'intensità tale che erano bastati pochi
minuti per essere bagnata fradicia. Il tempo necessario per abbracciare Mattia
che di colpo il cielo si rasserenò e a Giada, che guardava sorpresa questo
inatteso e repentino cambiamento, lui disse:
"
Benvenuta all'equatore! Abituati a questi mutamenti perché qui siamo in un
altro mondo."
Il sole calò
presto ed improvvisamente scese la sera.
Mattia aveva
prenotato una camera in un modernissimo albergo in quanto la città era meta di
turisti da tutto il mondo, attratti dall'Amazzonia.
Non fece in
tempo ad uscire dalla doccia che Mattia la stringeva e la portava verso il
letto e, come tutte le altre volte li coinvolse una profonda passione.
Alla sera dopo
cena passeggiarono per la città chiamata la 'Porta dell'Amazzonia'.
Attraversata da larghi viali fiancheggiati da enormi alberi di mango con
effetti architettonici che interessarono molto Giada per il loro contrasto:
alti e modernissimi grattacieli vicini ad edifici antichi ed imponenti. Città
molto confortevole e, passeggiando per il centro, non ti fa minimamente pensare
che la sua periferia sia la giungla.
La mattina
seguente sarebbero saliti su una nave che in cinque giorni di navigazioni li
avrebbe condotti a Manaus.
Giada era
eccitatissima e non riusciva a prendere sonno. Uno dei suoi sogni si stava
avverando: era in Amazzonia.
La nave era
piccola e scivolava lentamente sul grande Rio delle Amazzoni, occupavano una
cabina a due letti ma moltissima della gente che faceva l'escursione avrebbe
dormito per cinque notti sui ponti.
Cominciò la
quieta navigazione attraverso la foresta e Giada aveva gli occhi incollati
sulle rive e quasi non respirava. Mattia, munito di binocolo e cinepresa, la
osservava e gli sembrava una bimba che guarda l'albero di Natale appena
addobbato. Tutto gli piaceva di lei, la sua sensibilità, il suo entusiasmo e la
sua semplicità. Indossava dei pantaloncini corti blu con una camicetta azzurra
ed i suoi splendidi capelli le scendevano lungo le spalle. Mattia notava gli
sguardi ammirati che gli uomini le lanciavano ma Giada, appoggiata al parapetto
della nave, stringendo il suo braccio, era così concentrata sul panorama da non
accorgersi di nulla. Tante volte lui l'aveva osservata mentre era seguita da
occhiate colme d'interesse ma lei le aveva sempre ignorate.
I versi di una
miriade d’uccelli fra cui una grande quantità di pappagallini, uniti ai versi
delle scimmie, creavano un gran frastuono che improvvisamente e
contemporaneamente cessava all'imbrunire il cui silenzio era rotto solo dal
verso dei tucani.
Il fiume era
largo ed in alcuni punti così enorme da sembrare un lago.
Il caldo era
afoso ed umido ma, stando all'ombra sul ponte della nave, si poteva resistere.
Solo un pomeriggio scoppiò un temporale così violento da far paura: le acque
del fiume cambiarono colore ed il cielo divenne prima giallo e poi nero. Con la
stessa velocità con la quale era scoppiato, cessò e tutt'intorno la natura
riprese a vivere.
Le notti
equatoriali invitavano a far l'amore ed il rullio della barca sembrava cullarli
e loro due ne approfittarono spesso.
Al quinto
giorno arrivarono a Manaus, città completamente diversa da Belem per stile e
tipo di vita, interamente circondata dalla foresta.
L'albergo
prenotato da Mattia era molto comodo e vicino al Teatro dell'Opera costruzione
molto interessante architettonicamente per il suo stile neoclassico.
Il giorno dopo
risalirono su un altro battello che li condusse al punto dove il Rio Grande
s'incontra con il Rio Solimoes ed il fenomeno che colpisce è che le due acque
non si fondono e per alcuni chilometri restano di diverso colore. La potenza
delle acque é imponente per l'apporto di tutti i numerosi affluenti malgrado il
fiume scorra senza pendenze. Se Giada avesse dovuto esprimersi con un aggettivo
avrebbe detto che era maestoso e tutto quello che finora aveva visto non aveva
deluso le sue aspettative.
Il mattino
successivo, alle prime luce dell'alba, salirono su un aereo da turismo per
un'escursione nella foresta.
Giada era
emozionatissima ed in lei si era risvegliato lo spirito di avventura che l'aveva
sempre pervasa.
Il velivolo
sorvolò la foresta per più di un'ora e lei sembrava incollata al finestrino:
non voleva perdere neppure un minuto d'osservazione. Sotto di loro una enorme
massa verde interrotta ogni tanto da qualche spiazzo.
Atterrarono in
una piccola radura su un terreno non propriamente piano e gli scossoni si
sentirono. A bordo con loro, oltre al pilota, c'era la guida e due coppie di
giovani francesi.
Dovevano
percorrere un tratto di foresta per andare a visitare un piccolo villaggio di
Indios. Si misero in fila indiana, la guida davanti, dietro a lui Giada poi
Mattia e per ultimi i francesi. Si erano attrezzati per questa esplorazione e
lei aveva seguito i consigli di Mattia che ben conosceva la zona: pantaloni
lunghi di tela chiara, camicia con maniche lunghe rimboccate, scarponcini di
tela ed aveva racchiuso la chioma sotto ad un cappello di tela a tesa
abbastanza larga. Si era unta con un repellente per eventuali punture d'insetti
e lo zainetto sulle spalle.
Camminando, il
suo sguardo era concentrato su tutto quello che la circondava. Aveva visto
molti documentari girati in Amazzonia ma essere di persona in questa
meravigliosa flora con piante di tutti i generi fra scimmie e scimmiette che si
lanciavano urlando da un ramo ad un altro, pappagallini multicolori che
garrivano e fiori di colori splendidi che crescevano su liane e s'intrecciavano
fra una pianta e l'altra, era un'emozione intensissima. L'unico suo timore
erano i serpenti e poiché, aveva una volta assistito ad un filmato dove questi
restavano penzoloni sui rami, continuava a guardar per aria perché era sicura
che se ne avesse visto uno sarebbe crollata al suolo come un sasso: aveva il
terrore di tutto ciò che strisciava. Quando era ragazzina, con grande apprensione
dei suoi, molte volte si avventurava sola nei boschi per scoprire piante nuove
o fiori o le orme di qualche animale ma una volta che vide a poca distanza da
lei una vipera che la stava guardando rimase impietrita ed un senso di gelo le
bloccò la spina dorsale. Fortunatamente la vipera si allontanò ma quella
sensazione terribile si ripeté in lei tutte le volte che vide strisciare anche
la più piccola biscia.
C'erano punti
di buio perché la vegetazione era così fitta da non lasciar filtrare i raggi del
sole e poi piccole radure dove volavano farfalle dalla bellezza e dai colori
indescrivibili.
Mattia che la
seguiva, spesso le dava spiegazioni di quello che incontravano e per farle
sentire la sua presenza come a proteggerla, o le toccava una spalla o le
metteva le mani sulla vita.
La guida era un
aitante ragazzo brasiliano con occhi neri e vivacissimi ed un sorriso che
metteva in mostra bellissimi denti. Ogni tanto si girava per dire qualcosa o
per rispondere a qualche domanda ma i suoi occhi li indirizzava su Giada. Ad un
certo punto Mattia le sussurrò in un orecchio:
" Visto
come ti guarda devo solo sperare che durante il giorno non mi voglia eliminare
per avere il campo libero. Anche nella giungla hai il potere di stregare gli
uomini."
" Non ti preoccupare, se si avvicina a te lo
stendo con una mossa di karatè: da quando siamo entrati in questa foresta,
forse a causa dell'ossigeno e dell'aria non inquinata, mi sento forte come una
leonessa pronta ad affrontare qualsiasi pericolo." e ridendo fece con il
braccio e la gamba una mossa di lotta giapponese che le aveva insegnato un suo
amico, maestro di arti marziali.
In quello
stesso istante la guida, che si chiamava José, la vide, batté le mani e scoppiò
in una sonora risata.
I francesi che dall'inizio
del cammino avevano continuamente parlato fra di loro li guardarono con aria
interrogativa perché non avevano capito nulla. Nessuno di loro tre diede
spiegazioni e la carovana proseguì.
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